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DCXLV

A MADONNA NICOLA TROTTA

Troppo buona la Trotta a leggere e a lodare gli scritti di lui. Io, signora, clic fino a qui ho avuto molta riverenza a le soprane qualitá vostre, son constretto per lo avenire ad aver anco grande obligazione a le nobili cortesie di voi. Questo dico per conto de lo affetto, con cui, secondo mi referisce un gentiluomo che vi alza al ciel con le laude, vi degnate leggere l’opere, che la propria natura con le pure semplicitá sue ha rubato a lo intelletto che ella pur mi diede. Per la qual cosa tengo fortunate le infelicitá de le mie scritture, poiché è lor concesso d’esser grate a voi, che traete il grazioso de la grazia da quella divinitá di che séte singularmente composta. Benché saria forse di mia ventura il vostro esserne meno vpga, conciosiaché il potervene io premiare solo con la mercé de le parole, è si poco appresso del vostro chiaro merito, che, favellandone, ne sarei notato di villania, nonché d’ingratitudine. Ma, perché la degnitá di voi e l’onor di me consiste nel mio tacere, lascialo « la cura d’un si fatto debito al silenzio, che ci impongo fino a tanto che mi darete licenzia ch’io ne canti, se non come il dover mi spinge, almeno come il voler mi sforza. Ma, perche bramo vivere piú tosto ne la vostra servitú che ne la mia libertá, non vi sia grave l’accettarmi per servo con quello animo col qual mi vi dono.

Di Vinezia, il 20 di decembre 1541.