Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/138

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la cortesia gli adornava l’animo. Si che non accadeva che me ne faceste fede con la commessione, che vi lasciò andando in Francia; benché ho molto caro che l’abbia fatto. Avvenga che l’amico si compiace ne la memoria che di lui, in lettre, in imbasciate e in presenti, tien Tultro amico; peroché noi ci vediamo, ci parliamo e ci godiamo insieme, mentre siam visitati da la ricordanza di simili cose. Onde lodo lui, che vi ordinò ciò che io ho ricevuto, e ringrazio voi, che ciò mi avete mandato. E, quando sia che vi occorra il prevalervi di me, usate meco la sicurtá che usa la figliu da col padre, ché tale mi trovarle quale sono obiigato a esservi, intervenendo l’amore che io porto al prestantissimo consorte vostro.

Di Vinezia, il primo di marzo 1542.

DCLVI

AL MARCHESE DEL VASTO

Finalmente gli sono stati pagati i tanto sospirati dugento scudi di aiuto

di costa. Attende ora i centocinquanta della pensione ordinaria. I ducento scudi di aiuto di costa ordinatimi da Sua Maestá mi sono suti pagati, secondo il voler di Vostra Eccellenza. Manca mò i centocinquanta de la pensione e la somma che mi si debbe da voi. E. quando che mi travagliate con lo indugio per aver piú spesso lettre da me, sta bene, ed, essendo altrimenti, sta male, peroché io ho talora in modo il cervello fuor di sesto, che la pigliarci con lo imperadore. Si che avertile, se volete ch’io avertisca. E, con questo, baseio la mano de la illustrissima Signoria Vostra, perché Iddio vòle.

Di Vinezia, il 2 di marzo 1542.