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DLI

AL REVERENDO FRA GIOVAN CRISOSTOMO ZANCO

Quanto gli è riuscito gradito l* invio del libro su Bergamo e delle rime volgari dello Zanco ! Ben posso io comprendere ne la lettra, ne la canzone e nel libro, che voi, padre, mi avete mandato, qual sia la bellezza, la vaghezza e la gentilezza del vostro animo, ilei vostro ingegno e de la vostra persona; onde non so con che cambio potermi sodisfare al presente che mi donate e a l’amor che mi mostrate e a l’onor che mi fate. E, perché altro non posso che rendervene grazie, ve ne ringrazio con quello affetto di core che si dee a uno amico cosi caro, cosi buono e cosi amorevole come séte voi, che alluminate le molte antiquitá di Bergamo con la copia de le vostre sole virtú. Per la qual cosa si sta in dubbio chi sia piú tenuto: o voi a la patria, o la patria a voi. Ma, se niuno vantaggio ci è, si rimane dal canto vostro, perché altro è il rinovar le memorie a lei, e altro lo esser produlto in lei. Certo, l’opera, che in prosa latina ne scrivete sotto il titolo del non meno immortalissimo che reverendissimo Bembo, è degna di premio, di laude e di vita; come anco son degni e di vita e di laude e di premio le rime volgari, di che mi avete fatto partecipe. Onde ne son diventato si ingordo, che vi prego per la vostra placida bontade a consolarmi talora con la novitá di tali composizioni, non restando in cotal mezzo adoperar quel che vi pare ch’io sia nei piaceri de la celeberrima Vostra Reverenza. A le cui orazioni raccomando la umanitá dei miei falli.

Di Vinezia, il 29 di novembre 1540.