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onde io, udendo il romore e visto l’uomo mezzo morto, dissi: — Io sapevo ben d’essere oste, ma non ispedaliere. — Si che non vi maravigliate se io grido sempre che moio di fame. È vero che, se i furti de le centinaia e migliaia, fattimi io non so quante volte dai servitori cani, non mi aiutassero, che starei fresco. Ma che sará poi? e perché si accumula? Robba a sua posta, ché a me basta vivere senza ansia di ricchezze, come ognun sa ch’io mi vivo; onde reputo la mia modesta volontá una lieta beatitudine. E qui bascio la mano di Vostra Signoria.

Di Vinezia, il 20 di marzo 1542.

DCLXIX

A MESSER NOFRI CAMAIANI

Non si dolga se egli, Aretino, non abbia il grado che al Camaiani sembra che meriti. Non vi dolete si spesso circa il non aver io lo stato che vi pare ch’io meriti, peroché tengo piú degno il grado che mi fa stimar dai principi, che non farei avenga ch’io fussc qualsivoglia di loro. Benché senza altro mi vivo contento, imperoché eglino son grandi mercé de la sorte e io virtuoso bontá » di Dio.

Di Vinezia, il 20 di marzo 1542.