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DCLXXVI

AL FALOPPIA

Loda le facoltá poetiche del Faloppia e di altri illustri capitani. Voi séte, capitan Francesco, compar mio, ornato di tanti costumi e di si fatte condizioni, che, aggiugnendoci anco la virtú de la poesia, mi par pur troppo la dote che circa ciò traete dal cielo e da la natura. Certo che io, mentre mi maraviglio nel sentire da ciascuna sorte d’uomini predicare la modestia di quella discrezione con la quale conversate con tutti, onde ognun vi desidera, mi stupisco de lo stile con cui gite esprimendo i bei concetti che vi vengono in fantasia. Ma l’arte del far dei versi è ormai di maniera sparsa ne lo intelletto altrui, che non pur gli studiosi e dotti spiriti, ma gli erranti e imperiti soldati paiono Petrarchi e Danti. Io, per me, temo a recitare cose mie in presenza, come sarebbe a dire, del Franciotto da Lucca, di Panta perugino e di Adrian da Perugia, capitani illustri. E ben debbo io temerne, conciosiaché il lor comporre gli pregia non meno che gli gradischino Tarmi; né so qual grave e alta penna non ceda agli alti e gravi inchiostri del valoroso e splendido Anniballe Bichi. Del signor Luigi Gonzaga non parlo; imperoché, tacendone, testimonio la eccellenza de la vena, con la quale quasi aggiugne a quella del mirabile marchese del Vasto. E, tornando a voi, dicovi che mi rallegro degli oblighi che tenete con la bontá e con la grazia de lo influsso e del naturai vostro. Di Viuezia, il 5 d’aprile 1542.