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DCLXXXIX

AL DUCA DI BRAGANZA

Ringrazia anche lui delle cortesie usate a Gian Ambrogio degli Eusebi. Per essere il bel vostro animo, signore eccellente, de la generositá che si vede in un ginetto espedito ne l’alterezza de la sua gioventú, non accade che altri il tenti per volgerlo a lo atto de la cortesia. Imperoché, come il cavai predetto move i piedi a l’ombra de lo sprone, cosi egli apre le mani al cenno de la liberalitá. Onde i bisogni de la virtú, solo col dimostrarvisi, ritranno da voi di quelle mercedi che ha ritratte il mio servitor fugitivo, per rispetto di ciò che vi par ch’io sia. Cosa tanto propria de la magnanima nobiltá vostra, quanto impropria a la miserrima condizione mia. Ma perché non so io contare le qualitá che sono in voi, come so conoscere il demerito che è in me? Certo che io, se ciò fusse, raguagliarei in modo Italia de le vostre lodi, che ad altro non attenderebbe che a celebrarvi come vi celebra Ispagna; e cosi voi non vi pentireste di avermi in cotal maniera onorato e io non mi vergognarei di rendervene in si fatta guisa gratitudine. Di Vinezia, (aprile 1541?!

DCXC

A LO INFANTE DON LUIGI [DI PORTOGALLO] Nè è meno grato all’infante, il quale, da degno fratello del re di Portogallo, non ha voluto essergli secondo nell’accogliere cortesemente Gian Ambrogio degli Eusebi. Non vi basta egli, signore, il superar gli altri principi ne la fama de l’armi, ne lo spettacolo de la giostra, senza volergli ancor vincere ne lo atto de lo apprezzare i vertuosi, de lo usar la cortesia. Ecco: giugne costi un mio creato non meno