Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/17

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mirande reliquie di tutti i tempi, come anco i gesti, i fatti e le imprese di lei sono eterni splendori di tutte le istorie. Or vivete, giovane inclito; giovane egregio, vivete; e, con lo essempio dei vostri antichi aggiunto a quello che da voi lascerassi ai propri descendenti, raccendansi i lumi che ne la splendida generazione vostra hanno spenti piú tosto le battaglie che il tempo. E, cosi facendo, renderete piú invitta la realmente invitta stirpe d’Aragona, la quale, con l’aflínitá che tien con voi, vi accresce ornamento a la bellezza del grado, del titolo e del cognome, ne la maniera che la liberalitá, di cui sete subietto, accresce il pregio de lo esser vostro, conciosiaché la sua destra è piú possente che la man de la guerra. E che sia il vero, quella disperge tutti i vizi, ma questa non rilieva ogni virtú. La milizia vince i corpi e non gli animi, e la cortesia soggioga gli animi e i corpi; peroché il benefizio ben collocato puote spingere l’altrui gratitudine tra il ferro e tra il fuoco. Si che perseverate in cosi magnanimo essercizio, se volete caulinare per il cielo come spaziate per la terra.

Di Vinezia, il 30 di novembre 1540.

DLIII

AL SIGNOR LUIGI D’AVI LA Né i dugento scudi di gratificazione straordinaria né l’ordinaria pensione ordinaria cesarea ha potuto finora esigere, non ostante l’intervento del d’Avila e dell’Idiagues. Lo facciano pagare una buona volta, altrimenti rifiuterá pubblicamente tutte le lodi che ha a essi prodigate. I favori, o padrone, dimostratimi da la benignitá vostra e da la bontá de Idiagues, per non intender gli andari dei ministri cesarei, mi hanno rovinato, credendosi di farmi bene. Talch’ io vi posso aguagliare a due fisici posti a la cura d’uno infermo, i quali, ne lo ignorar la sua complessione, ramazzano con quelle mcdecine, con cui pensar di guarirlo. E che sia il vero,