Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/200

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mente pensiero di sprezzarla ; conciosiaché è talor prudenzia il bramar le sue miserie per ischifar l’invidia, benché il ricco insano è trastullo del mendico generoso. Ma, essendo la fermezza de l’animo medicina del dolore, voi, piú che altro, l’usarete ne le occorrenze averse; e, perché chi predomina se medesimo è rettore d’un massimo imperio, terrete sempre voi stesso sotto le leggi impostevi da voi proprio. In cotal mentre, oltra il sapere che chi pensa tuttavia a la morte non la teme mai, non ve ne dislungarete punto con la fantasia, si perché ella è usufruttuaria de la vita, si perché non ce ne è constituito il punto, acciò* siamo constanti in aspettarla in ogni parte. Insomma, essendo voi instrutto come tulle le cose che han termine son brevi, ridottovi ne la speranza de la infinitá di Dio, non potrete aver fine.

Di Vinezia, il 29 di giugno 1542.

DCCXXVI

A MESSER RICCARDO SCELLEI

Quantunque assai lieto del soggiorno dello Shelley a Venezia, lo esorta a tornar presto alla corte di Enrico ottavo, il quale resterá maravigliato dei suoi profitti negli studi, e non esiterá, mercé il suo autorevole interessamento, a soccorrer l’Aretino. Da che io mi accorsi, o signore, de la nitida sinceritade, con cui la nobiltá de la vostra mente cerca esaltarmi, ho sempre andato pensando che la sorte vi abbia trasferito d’Inghilterra in questa cittá per confermare la divozione mia ne la grazia del serenissimo re vostro. Onde ne ringrazio il cielo e voi: il cielo per la cura che piglia di me, e voi per la volontá che avete di giovarmi. Oltra di ciò. lodo molto quel non so che di felice che, il primo di che vi viddi, causò non pur l’amore ch’io vi porto, ma la fidanza che in voi tengo. Per la qual cosa, se ben desidero di tuttavia godervi, son però sforzato a bramare il ritorno vostro in la patria, bontá del favore che spero che