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DCCXXXVI

AL MANUZIO

Spera che il Manuzio vorrá farsi editore dei Dialoghi dello Speroni, dei quali loda l’originalitá. Quel piacere, che piglia una persona amorevole nel comprender il prosperar d’altrui, ho preso io, o nobile e chiaro tnesser Paolo, ne lo intendere come i Dialogi del grande Sperone sono in libertá del vostro dotto e solo giudizio; onde è da pensare che gli farete imprimere. De la qual cosa esse composizioni si possono rallegrare, conciosiaché la forma tersa e la correzzion purgata de le belle stampe vostre gli accresceranno piú credito che non accrescon pregio a le gemme le mani dei re. Si che dategli in luce tosto, imperoché quel tanto, che si indugia, è un torto che si fa a chi debbe diventar migliore per conto de la loro eccellenza. Oltra di ciò, egli è onesto che questa etade sappia di che sorte d’obligo ella è tenuta con le fatiche di si perfetto uomo. Certo che chi vede le cose sue, conosce come disegna Michelagnolo e come colorisce Tiziano, avenga che elleno son composte di vita e di splendore, e le simiglio a creature che movano gli spiriti e i sensi per bontá di natura. Il contrario di quasi tutte l’opre d’altri; imperoché paiono proprio corpi adormentati, e quelle cotali lor vivezze morte, con cui in qualche parte pur respirano, non variano punto da certi moti freddi, che, sognando, fanno i predetti dormienti. 1 buoni frutti e non i bei fiori ci pascono lo appetito, e altra importanza è quella che ci giova che quella che ci diletta. La virtú si sta nel fare, e la vanitá nel dire. Le parole vaghe sono le vesti dei gran concetti, i quali si scoprono per si fatti, ancora ignudi. E che altro è la imitazione che uno andar ritto su per le carte rigate? Noi strangoliamo il nostro naturale ingegno con le mani del nostro ritroso artificio, tuttavia che non se gli lascia cxalar fuora i suoi fiali