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propri. È caso ridicolo il tór la degnitá de la riputazione a se stesso per darla a chi non mai vedemmo. Sforziamoci di essere allegati e non sudiamo allegando altri, avenga che ci fa piú onore un bel tratto uscito dal nostro intelletto che quanti se ne ritrae dagli scritti che si leggono in cento anni. So bene che io sono inteso da voi, che intendete i tutti e fatevi intendere dai pochi, con sommo stupore del mondo.

Di Vinezia, il 11 di luglio 1542.

DCCXXXVII

AL SIGNOR GIAMBATTISTA SORMANO

Ricorderá sempre con animo grato l’assistenza fattagli dal Sormano, insieme con Francesco Cap|>o, in una malattia. Gode intanto di ciò che l’amico gli narra del re Francesco e del Cardinal di Lorena. Saluta Ercole Trivulzi. Io ringrazio quasi l’accidente del male che mi ha tenuto i di che sapete nel letto, poiché si di continuo e si caritevolmente, insieme col signor Francesco Cappo, qualificato cavaliere, avete tenuto continua cura in visitarmi; onde pare ch’io desideri, per rivedervi cosi spesso, di vedermi in una di quelle indisposizioni deboli, che fanno di riguardo i gran maestri, che si gitton lá per ogni poco di cosa. Io dico ciò per il piacere che io sento nel vostro raccontarmi gli andari de la corte cristianissima, e so che avertite tuttavia al rintenerirmi che io faccio, mentre mi raccontate le circostanzie de la bontá, de la mansuetudine e de la liberalitá del gran re Francesco, dato da Dio agli uomini per recreazione dei loro animi. So anco che penetrate fin nel profondo de le mie viscere con il considerare con quanto affetto io ascolto l’azzioni del tre e quattro volte magnanimo Loreno, Cardinal dei cardinali e gentiluom dei gentiluomini. Certo che egli è degno de lo intrinsico comerzio di Sua Maestá, l’amica dilezzion de la quale si compiace ne la eccellenzia de la gioconda natura di lei come il mondo ne la splendida