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DCCXLI

A MAESTRO ELIA ALFAN

Gran medico è l’Alfan. che sepi>e trarre la Caterina Sandella dal sepolcro, e, quel che è piú, ebreo da cui si potrebbe imparare a esser cristiano. Gli mandi, di grazia, quei passi del Vecchio Testamento sinora non notati dai teologi cristiani, ove si adombra Maria Vergine. Non accadeva che voi, fisico eccellente, faceste meco scusa circa il non esser venuto cosi di punto a l’ora determinata, conciosiaché la fidanza, ch’io tengo ne le virtudi vostre, non vi prescrive termine. Basta a me la certezza del potervi tuttavia disporre ne le necessitá ilei mali che, oltra la mia persona, possono occorrere a le brigate che mi stanno in casa, non vo* dir servendo, perché io le nutrisco con una certa caritá d’animo, che par piú tosto ch’io gli sia padre che padrone. Testimonio la infermitá di Caterina, tratta da la misericordia di Dio e da la medicina di voi, non pur del letto, ma de la sepoltura: cosa a pena creduta da chi la vidde giá piú che morta e ora la scorge piú che viva. Onde non mi rallegro meno de la fama accresciutavi per colai cura che de la sanitá rendutale. Ma perché non ho io facultá di premiarvene come di ringraziarvene? perché le parole, con che vi lodo, non doventano fatti che vi giovino? e perché chi potria trarvi di miseria non vi riguarda col ciglio de la mia vok.made? Il Ricco, il Biondo, il Capuccio e il Frigemellica (che dovea dir prima si per i suoi meriti, si per la riverenza ch’io gli ho) estollono con ammirazione somma il vostro procedere in si strano accidente; onde sono isforzato a far si che i miei inchiostri si oblighino a conservarne perpetua memoria. Benché, senza che le virtú vostre me ne desser causa, debbo farlo, avenga che da voi. che séte ebreo, si può imparare a esser cristiano. Imperoché il temere Iddio e l’amare il prossimo è si proprio de la bnntadc vostra, che altri non ci han che fare. Né so se mai si è visto uomo che vi aguagli di