Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/23

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vostra mi s’indrizza per ordine di monsignor di Fossombrone, dico che non séte men valente in ispianar pistole clic in lambicar bevande; e, s’egli aviene che io goda di queste come ho riso di quelle, incacandone quante vendemmie saran mai, terrò il nettare, che tracanna in ciel colui, piú strangolatore che non era il «ciropicchio», che dava a la sua famiglia la stiliea memoria de l’Armellino. Io aveva in casa una mandi a di scioperati, quando squinternai la carta venuta a cavallo in su le botti mandatemi; per la qual cosa mi viddi fasciare da una di quelle folte che cingono le banche dei ceratani, mentre i cicaloni isciorinano in sul mostaccio de la plebe qualche scomunicata mandragola. La brigata predetta, imbertonata da le vostre chiacchiare, fu per Smascellare e per ispasimare in un tratto: per ismascellare, nel dir voi di aver tradotto le vigne di Gregia . nel bombo di Toscana; e per ispasimare, udendo le lodi con cui estollete in alto Luna e l’altra sorte di vino. Talché chi ha visto gli atti, che fanno le bocche de le mone mentre veggon biasciar l’altrui, vede quelle de le turbe intente al prefazio che biscanta la delicatura del moscatello, sequestrata dal melachino e da lo uppilativo per opra de le capestrarie del vostro artificio. Ma io, per me, fui per imitar Margotte ne lo accorgermi de lo estasi, nel quale arancarono i circunstanti mercé di quel polputo gentile, di quel tondello leggieri e di quel frizzante iscarico, con cui gli intaboccaste l’orecchie e, con il resto dei sensi, tutta la maestranza degli spiriti. E, se nulla mancava, gliene deste con la giunta del «bascia morde e trac di calcio»; parole che porrebbon la sete in su le labbra dei fonti e dei fiumi, nonché in quelle degli schienali e caviari. Ma, tosto che lo stuolo tornò in gangari, simigliava un branco di chiacchi bicchiacchi, occupato ne l’osteria del Chiassolino intorno al mucchio dei rinfreseatoi, il quale, nel fare d’una gamba di finocchio e d’un bicchieruzzo di trebbiano mille bocconi e. mille ciantelli, atacca e dispicca la lingua dal palato con quel «laf lof», che fan sentire le pugna de le fanti che hanno le mani in pasta. Ma, se il prezioso di si fatto liquor aloppia la gente sol col ragionamento, che le fará egli nel diluviargli in bocca? A la fé bona,