Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/240

Da Wikisource.

DCCLXVI

A MESSER SIMONE CEI-LESI Certo, la fortuna è stata crudele verso il Cellesi. Ma non perchè i suoi affari mercantili sieno andati cosi male, egli cessa di essere quell’onorato galantuomo che è sempre stato. Se io fussi nei piedi di quella fortuna, che perseguita le virtú vostre nel modo che dovria perseguitare i vizi altrui, vedendovi procedere ne la splendidezza del vivere non altrimenti che ella vi si mostrasse prospera, non potrei fare di non vergognarmene grandemente. Conciosiaché la prudenzia d’uno animo esperimentato come il vostro è il purgo de le sue perfide insolenzie. Benché è crudel cosa il veder precipitare uno uomo ottimo, una persona modesta, una creatura larga, esaltandosi gemi avare, turbe inique e canaglie infami. Onde si doverebbe cercar la tristizia e fuggir la bontá, imperochc nel far ciò è posta la sicurezza del buono stato di chi ci regna. Ma, perché la felicitá dei mercanti è volubile come la beatitudine degli amanti, so che vi date pace di quanto vi sia occorso nei sinistri dei propri negozi ; la qual cosa vi è di piú laude che non vi saria suto di utile, se i successi fusser passati al contrario. E io, per me, stimo lo essere, in cui vi trovate ora, onorevole come quello nel quale vi trovaste giá. E, se non ci è la medesima sorte, ci è la medesima fede. Onde potete piú sperar che temere. Di Vinezia, il 7 d’agosto 1542.