Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/26

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la inconstanzia di questo, a me bisogna accusarvi il debito che io tengo coi benefizi di chi vi fu marito e con le liberalitá di chi vi è stato fratello; avenga che per me non si tenta, nel ramentarvi la brevitá del viver loro, di provocare le vostre compassioni a piú lamentarvene, ma cerco, confessandovi l’obligo, di sodisfare le lor memorie con le mie gratitudini, le cui osservanze saran tali in sempre ubbidire e in tuttavia predicare le bontá di voi, quali furono ne l’ognora servire e nel di continuo predicare la dolcezza di Federico e la nobiltá di Bonifazio. Ma, perché le illustri qualitá di si gran duca e le splendide condizioni di si buon marchese hanno lasciato nel mondo uno eterno essempio di generositá, devreste convertir la mestizia in una allegrezza simile a quella che rabellisce lo aspetto de la terra ne lo apparir del giorno e ne lo spuntar del sole. Peroché le lagrime non son fatte per gareggiar con gli infortuni, né per iscemare i guai, né per risuscitare i morti; ma per le compunzioni de la emenda, per la gioconditá del ben fare e per le tenerezze de la umanitade. Ma, perché il tolerar le crudeltá dei casi è proprio degli animi eccelsi, per non mancare a l’uffizio de la prudenzia che vi regge, sbandite de la mente il dolore, atto a contristarvi il soprano de l’anima; conciosiaché le malizie di lui sono de la natura del tosco, le violenze del quale, ne lo andarsene diritte al core, in prima consumano gli spiriti che lo notriscono e dipoi, levati i polsi e infrigidati gli estremi, spengono totalmente la vita. Si che datevene pace, qual vi si conviene e non come si puote; e, se pur vi agrada il pianto, versatelo e per la consolazione, che dee passarvi a le viscere mercé de la imagine che nei vostri angelici figliuoli ha di sé lasciato il lor degnissimo padre, e per la felicitade ne la quale la clemente giustizia e la giusta clemenzia del magnanimo Cardinal Ercole perpetuará Mantoa e Moti fera to. Intanto la umiltá de l’affettuosa servitú mia vi manda quella opera di Caterina vergine , la quale mi chiederono, poco inanzi a la sua infermitade, le lettre del vostro immorta! consorte. Leggetela, adunque, invece di lui, e, leggendola, avertile dove la intrepida virilitá de la giovane santa sostenne di veder nel martiro la maestá del