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DCCXCIV

AL MAGNIFICO MESSER GIAN DONATO

Si scusa di non averlo riconosciuto e salutato per istrada. Se io, passando oltravia da San Giovanni e Paolo col mio Viniero e co la Magnificenzia del cortese messer Marco, figliuolo del clarissimo procurator Zeno, non vi conobbi, e per conseguente non vi feci riverenzia per non conoscervi, datene la colpa a la gravitá, che vi ha cangiato la faccia come l’animo; onde chi vi vede, scorge non la vostra propria sembianza nobile, ma la istessa indole del consiglio civile. E, si come l’intelletto è interprete dei principi de le cose e un formulario dei fini di quelle, cosi l’aria di voi è indizio de l’altezza de la vostra mente e un testimonio dei pensieri di lei. Talché nel fronte medesimo venite a scoprire i concetti che vi covano in seno con istupore de la natura che gli procrea. Intanto risplendeno in voi la eccellenzia dei costumi, l’operazion de la virtú e l’abito de la scienza; condizioni che fanno talmente fede de l’autoritá, de la bontá e de la equitá di voi, che la gente, che il sa, è sforzata a dire che ora, ne la gioventú, ispaventate col senno gli onori, e che quando sarete vecchio, spaventarete con la prudenzia la gloria. Di Vinezia, il 26 d’agosto 1542.

DCCXCV

AL TASSO INTAGLIATORE

È mortificato che il Vasari abbia chiesto, per lui, alcuni intagli. Egli mi è tanto caro l’ornamento che fate a mia ’stanzia, quanto discaro l’avervi messer Giorgio dato si fatta briga per me, che per voi non ho speso altro che alcune exclamazioni