Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/272

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DCCCIII

AL DUCA DI FIORENZA

La sua lettera lo ha reso felice. Io non ho risposto fino ora a la lettera di Vostra Eccellenza, per non disviarmi dal piacere preso nel continuo rilegger d’essa. Ma, perché paia ch’io l’abbi avuta, le scrivo queste venti parole con dirle, oltre il ringraziarla di si benigna dimostrazione, che il risolvermi che la grazia di lei è per esser tanto mia quanto vorrò che ella sia, mi ha confermato l’animo in modo, che par gionto il fine d’ogni sua speranza. Perché l’ombra dei principi è nutrimento di chi ci ricorre. Di Vinezia.

DCCCIV

A MESSER LODOVICO MARMITA

La bella medaglia, in cui il Marmita ha incise le sembianze dell’Aretino, è giunta graditissima. Nel recevere del conio, in cui lo stile del vostro egualmente chiaro e nobile spirito ha impresso con la mano del pronto suo disegno la mia viva effigie, ho compreso esser in voi perfezzion di bontá, eccellcnzia di virtú e grandezza di cortesia. Certo ch’io non mento a dir ciò, avenga che non so quale altro uomo si fusse mosso.a spendere tutto il sapere de l’arte sua ne lo intagliare la imagine di una persona non mai vista da lui, facendogli poi dono di si pregiato lavoro. Benché la degnitá di cotale atto conculca in modo la debolezza de la mia insufficienzia, ch’io non posso rendervene le dovute grazie nonché la conveniente mercede. Veramente io, essendo privo d’ogni altra facultá, direi almeno d’esservi per sempre tenuto; ma noi faccio,