Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/29

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cantilena iscarrognata di fiori e di (rondi. E però congratuliamoci con la pioggia che tenne confitto in casa si fatto gentiluomo, onde partori si brave cose. Peroché, se il sole sbucava quel di fuora, se gli toglieva la occasione del comporle: talché l’etá nostra si rimaneva tra le forbici del «Non lo disse il Petrarca» in eterno; ma ora, mercé de lo amico, può far le fica a chi non esce di regola «unquanco». Or, lasciando le frascarie da parte, vi prego che mi facciate servitore di si dolce persona, come sono del conte Lodovico e del conte Silvio, creature illustri, non vi scordando di salutarmi il signor Sperone, decoro de la gravitá degli inchiostri.

Di Vinezia, il 12 di decembre 1540.

DLXI

AL MARCHESE DEL VASTO

Giustifica l’invio di una spada lavorata da Gianfrancesco del Saracino, nonostante l’ordine ricevuto di non mandarla e il suo prezzo esorbitante. Si lagna destramente dell’essergli stata pagata soltanto una parte dei 550 scudi promessigli dal D’Avalos. Signore, il mandarvisi de la spada doppo lo aviso che ella non vi si mandi, è stato di mio consiglio e non ili presunzion del Saracino, solo per parermi che quel, che si è fatto a vostra requisizione col testimonio di tutta questa cittá, sia almen visto da voi. Non ha colpa la sollecitudine del gentiluomo ne la stima di tal lavoro, ma il difetto di ciò viene dal vostro esser quasi uno iddio in terra; per la qual cosa gli uomini non pur desiderano, ma si credono ottener da voi tutto quel di bene che si può sperare in un buon principe. Io, per me, son certo che, se il lavoro si mostrava a nome del duca di Castro, che coloro, che gli attribuiscono il valore di mille scudi, o non ci aprivono bocca o che Io pregiavano due terzi manco. Come si sia, accettate la isviscerata volontá di messer Gianfrancesco; e, da che Iddio non vói da noi se non il core, bastivi l’animo