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DXLVI

AL CONTE ALESANDRO LAMBERTINI

Accenna alla truffa, commessa forse da qualche domestico, dei salumi inviatigli in dono dal Lambertini. Ma, quel che è peggio, anche le lettere del Lambertini quel ladruncolo non gli ha recapitate. Se la gola e la coda, figliuol mio, sapesse ciò che si sia vergogna, direi che l’atto usatomi da messer Marittolo fusse da porco c da rofiano. Ma, non avendo la coda né la gola altra faccia che si abbia egli, mi taccio la truffa dei salami, che, a petizion de la sua ghiottoneria e de la sua puttana, ha fatto a un si gran gentiluomo come séte voi e a un si buon compagno come sono io; onde gli staria molto bene che il vostro bastone e la mia penna gli insegnassero a burlare i barri e gli alchimisti, e non i signori e i virtuosi. Io parlo di lui in coiai maniera per la certezza che dite avere circa lo essergli capitato in mano il dono e le lettre che mi mandavate. E, per piu mia disgrazia ancora, carte vostre non mi sono sute date; e, se Giuliano non mi portava l’ultime che mi scrivete, era per andar sempre pensando qual fusse possibile che una creatura si nobile mi avessi posto cosi presto in domentieanza. Ma, conoscendo di pure esservi a core, ve ne ringrazio. Intrata o piacciavi di raccomandarmi al conte Cornelio, padron mio e padre vostro.

Di Vinezia, il 21 di novembre 1540.