Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/78

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Caterina, ecco che ve !a mando, secondo che me la chiedete. Ma, circa le cose di Fiorenza, dicovi che me ne do una pochissima cura, avenga che i fondamenti de le mie speranze son posti in Dio e in Cesare. E, grazia de le Lor Maestá, aggiugnendoci cento scudi di pensione che mi dá il marchese del Vasto, e altretanti che me ne paga il principe di Salerno ne ho seicento di rendita, con mille appresso, che me ne procaccio l’anno con un quaterno di fogli e con una ampolla d’inchiostro. Onde vivo come si sa per questa cittá serenissima. E tutto è in servigio di Vostra Signoria, a la quale di core mi raccomando.

Di Vinezia, il 6 di luglio 1541.

DC

AL PADOVAN CARTARO

Per quanto non sia giocatore, ha apprezzato moltissimo le belle carte da giuoco e i tarocchi inviatigli in dono. Si come il piacevole, il grato e l’arguto messer Alessandro dipintore, vostro fratello e mio amicissimo, mi diede i primi tarocchi, cosi, insieme con le due paia di carte, mi ha dati i secondi : onde, a voler laudare la diligenza della bella manifattura di si fatti lavori, non bastarebbono le lingue di mille primieranti. Insomma cotali opre sono di mano del Padovano, che, in suo genere, tanto c a dire quanto di Michelagnolo ne le cose che egli scolpisce o dipigne. Talché io, inlino a qui gloriatomi del non saper giocare, mosso da la lor vaghezza, mi dolgo di non esser giocatore, imperoché i disegni de le figure, con l’altre circunstanzie, tócche d’ariento e d’oro, mettono piú desiderio di rimescolarle a chi ci dá una occhiata, che un vaso d’acqua fresca non pon volontá di bere ne lo amalato che il guarda. Ma, per non simigliarmi al can de l’ortolano, mi ho lasciato tórre le carte uniche e i tarocchi divini ad alcune ninfe non meno cortesi che galanti, e cosi elleno in mio scambio si dilettaranno con esse in questi caldi eccessivi. Intanto io andrò