Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/79

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pensando di ricompensare gentilezza con gentilezza, restando sempre al piacere di voi, che avete piú tosto animo di re che di cartaro. Testimone la splendidezza del viver vostro, la generositá del quale consumarebbe l’oro del Perú, nonché i seicento scudi e gli ottocento, che, con la grazia di tutta Fiorenza, ritraete l’anno da la vostra industria, le cui avertenze, essendo senza pari, si debbono stimare piú che le leggi di molti dottori mediocri. Ora state sano e amatemi.

Di Vinezia, il 7 di luglio 1541.

DCI

AL SIGNOR VINCENZO MARTELLI

Può bene immaginare quanto gli siano giunte gradite la pensione di dugento scudi e le altre generose esibizioni del principe di Salerno, e quanto sia grato all’amico, ai cui buoni uffici tutto ciò è dovuto. Il gran tempo, che mettono i padroni in ricordarsi degli incommodi dei servidori, dispera di strana maniera le loro affezzioni, e il non porre alcuno indugio a ramentarsene le consola fuor di modo. E di ciò rende testimonianza il sopragiugnermi dei ducento scudi mandatimi da la inimitabile liberalitá di quel principe che voi meritamente servite e ch’io debitamente adoro. Onde lo effetto del ricevergli ha tolto a me il dubbio de l’avergli; e cosi la maninconia, in cui ero entralo per credermi di essergli uscito di mente, si è convertita in allegrezza. Benché il ricevere per mezzo di voi un si nobil presente mi ha tutto riempito di vergogna, peroché il mio vero debito non doveva aspettare che altra occasione che quella del vostro proprio merito mi movesse a scrivervi. Adunque io, che sempre ammirai gli andari del Martello, sono stato fino ora a riverirgli? O che farei io, s’egli non fosse tale, o s’io per tale noi con jscessi ? Certo, lo error de la villana trascuraggine mia è degno del castigo, che gli dá la molestia del pensare di avere a