Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/80

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rispondere a le lettre che io ho di Vostra Signoria; peso molto piu greve che il dover sodisfare agli oblighi che io tengo con Sua Eccellenza. Conciosiaché quella si compiace di sorte negli atti de le istesse magnificenzie, che, mentre dona, ritrae da esse la somma de le gratitudini che gli debbon coloro i quali godono le grandezze dei suoi benefici. Ma le carte indrizzatemi richieggono una risposta, che né io né altri è bastante a farla : onde la insufficienzia del mio stile, oltre il comprendere che lo esser io essortato a inviarvi questa, arrecará a voi fastidio e a me biasimo, è talmente Spaventata dal vivace dei vostri tratti, che, si come potete vedere ne le presenti note, non sa piú formar punto dei soliti detti. Ed è chiaro che gli spiriti, che ardono ne le materie de la vostra eloquenzia, potrebbon dare il moto ai corpi di quante parole ridusser mai insieme le fredde vigilie degli imitatori del Boccaccio. Ché altro è lo scriver pistole e altro il compor novelle. Il tedio e l’ozio, che si trapassa in questo, è nimico de la prontezza e de la veemenzia che si conviene in quello. Si che congratulativi con lo avedimento di voi medesimo, da che la facilitá del naturai sapere vi rapisce da Io intelletto il verace modo di dire. Ma può essere che i cieli abbino infuso sopra tutte le creature de la egregia casa vostra ciò che le lor virtú, circa la grazia e la gravitá dei versi e de le prose, possono infondere. Or, per tornare e a l’offerirsi, che il nostro comun benefattore fa del pagarmi lo intero de la pensione, e al voler voi pigliar cura che non ci si attraversi screpolo, dico che la riverenza, che io ho a le sue azzioni magne, e l’amor, ch’io porto a le vostre condizioni somme, è tanto e si fatta, ch’io quasi merito che la sua bontá mi sostenga e che la vostra gentilezza mi giovi. E, caso di me nasca cosa, per cui egli, che è si gran maestro, e voi, che séte si notabile persona, mi doviate commendare, ne alzarò le mani al cielo; e, succedendo altrimenti, ne dimandarò perdono al mondo. Intanto supplico la clemenza di Dio che mova Carlo, imperatore santo, a riguardare la lealtá Salernitana con l’occhio d’una cesarea remunerazione.

Di Vinezia, il u di luglio 1541.