Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/83

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DCI 1 I A MESSER LIONE D’AREZZO Scultore Lietissimo che l’amico sia uscito di prigione e abbia avuto dal Doria l’ufficio della zecca genovese, lo prega d’inviare a lui, Aretino, una delle medaglie ritraenti il Doria. Io so che voi, senza altro testimonio di giuramento, credete molte bene che tale sia stata l’allegrezza da me avuta ne la nova de la vostra liberazione, qual fu il dolore per me sentito ne lo aviso de la vostra prigionia. Il sinistro caso de la quale è da reputare felicitá, da che per suo mezzo vi avete acquistati due padroni, uno con niun pari e l’altro con pochi simili. L’avervi la bontá del signor Francesco Doarte disciolto da quella catena, a cui, per causa d’uno error dovuto, vi fece porre la impietá pretesca, e Tesser dipoi raccolto da la clemenzia del principe Doria, vai piú che quanti favori e quanti benefizi, oltra la zecca datavi, vi poteva mai fare e mai conferire la indiscrezione de la corte. Altro è il servire la fortuna e altro l’osservar la virtú. E però ringraziatene Iddio, e, ringraziandolo, pregatelo che la misericordia sua conservi la servitú vostra ne la utile grazia loro. Intanto ricordaretevi, s’egli è lecito, di mandarmi tosto che Taviate fornita, una medaglia di quelle che fate del divino uomo, accioch’io, nel vedere la sua gloriosa effigie, possa vantarmi di essere suto degno di vederla.

Di Vinezia, il 13 di luglio 1541.