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DCXII

AL PRINCIPE DI SALERNO

A Tiziano, che si reca a Milano presso la corte di Carlo quinto, ha dato incarico di schizzare un ritratto del principe di Salerno, del quale magnifica la liberalitá e il fasto. Io ho dato in ricordo a messer Tiziano, il quale viene a la corte, che mi tolga col suo stile unico il contorno de la vostra imagine singulare, accioché io possa farmela dipignere in camera, per riverirla come quelle dei santi. Io dico cosi, perché voi fate miracoli non intesi mai piú, a non imitare la natura dei signori, i quali tengono i virtuosi non pur sotto il peso d’ogni crudeltá servile, ma vilipesi, ignudi e affamati. U’ si udi mai che un gran maestro intertenesse un conserto doppio di musici, vestiti di velluto, forniti di denari e abondanti di favore, nel modo che qui lo intertenete voi, con allegrezza di tutta questa ineffabile cittade? a le publiche e a le private feste de la quale mai non manca la cortese umanitá de la loro vitale armonia. Talché il vostro nome c penetrato nc le viscere de la sua nobiltá e de la sua cittadinanza con ogni sorte d’onore e di lode. Onde meritamente potete insuperbirvene, conciosiaché Vinezia è quasi un simulacro del paradiso; e però è piú degno l’essere illustre dentro al cerchio di lei che chiaro in quello di tutto il mondo. Si che perseveri la generositá del vostro animo in dimostrarsi di continuo largo in simili maniere, peroché oggidí sono atti veramente miracolosi; avenga che i principi non promettono niuna de le predette commoditá a chi gli adora, nonché a chi non gli serve. Ed è certo che, si come nel volto degli altri cortigiani si vede come si more ne la disperazione del servire, cosi nel viso di quegli di Vostra Eccellenza si scorge come si vive ne la speranza de la servitú. E di qui viene ch’io mi vi dono con il consenso di quel poco di ragione, che mi amministra l’operazioni de lo intelletto. Di Vinezia, il 13 d’agosto 1541.