Pagina:Arienti, Giovanni Sabadino degli – Le porretane, 1914 – BEIC 1736495.djvu/265

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tirasse el veneno a sé, dicendo: — Non timete de niente, compagnia, ch’io voglio andare a trovare certe erbe contra el tossico, la virtú de le quale me rendo certo libererá subito el giovene del male, ancora che sia pericolosissimo. — A cherespondendo la compagnia: — El se vòle senza indusia andar, maestro, imperoché chi presto fará qualche remedio a costui, come la Vostra Reverenzia dice, non será da dubitare del suo male, — el medico incontinente se mosse cum una torchia accesa in mano, adcompagnato dal compagno de l’infermo, el quale, scompagnando el medico, diceva: — O maestro, per Dio, adoperate l’ingegno e virtú vostra a questa volta, azoché questo giovene cusi sciaguratamente non mora, ché piú contento ancora chiamare ve ne potrete che d’altra cura facesti mai, perché, come sapeti, costui è gentilomo rico di robba, d’amici e de parenti, e molto caro al magnifíco misser Zoanne nostro. — El medico sul tirato respondendo non dubitasse, perché, trovando l’erba, presto el sanarebbe, e il compagno tuttavia respondendoli cum le magiore papolate del mondo e scopiando dentro da sé de le risa, el medico trovò l’erba che voleva (che credo fusse marobio, si come da poi entesi) e, quella còlta e pesta e factone quasi in uno momento uno buono bichiero de suco, quello cum gran festa portò a l’infermo, che, tuttavia affannato mostrandose, diceva: — Oimè! disgraziato me! a dire che cosí giovene debba morire! O fratelli mei, o madre mia, che ne le mie infirmitate cussi pietosa essere me solevi, almeno fusti qui, ché, se pur un poco ve vedesse, poi contento morirei. O Benlivoglio, male per me questa volta sei stato veduto ! O signor Dio, aiutarne, non me abandonarc a questo puncto ! — E il medico alora, dicendo non avesse paura, perché aveva trovato optimo remedio a la salute, la quale era in quello bichiero, e confortandolo a bere quel poco suco gli era dentro, ché da l’altro lato sarebbe guarito, e il giovene dimostrandose lasso e affannato e menandose la lingua per la boca, cum certo girare d’occhio da omo opresso da dolore, dixe: — Io vorei prima far testamento e aconciar i facti de l’anima mia, maestro mio. — E, diete queste parole, chiudendo gli occhi cum grave annellare, come volesse finir.