Pagina:Arienti, Giovanni Sabadino degli – Le porretane, 1914 – BEIC 1736495.djvu/273

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perché se teneva presone, dixe: — Asconditemi per Dio, valente uomo, ch’io temo non essere morto. — E maestro Maffeo non sapendo dove, perché la stanza era piccia e tutta da l’artificio suo occupata, respose al cavaliere: — Chi è lá che batti? — E poi, voltatose al scolaro, cum sumissa voce dicea: — Presto, acostateve sotto l’asino da lato dentro, dove sta a menare la macina, e non abiate paura. — Il che facto misser Paulo, l’infrangitore aperse l’usso, e il cavaliero, entrato dentro, dixe: — Dove è andato colui che è entrato qui\á testé? — E respondendo l’infrangitore:—Non so che voi ve diciate, ché pur ora me sono levato a lavorare, — dixe el cavaliero: — Io so pur che non è uscito da questa centrata, perché, correndoli drieto, sentii aprire uno usso che me parve el tuo. — Abiate sentito quello vogliate — respose maestro Maffeo, — ch’el mio non ho aperto se non ora io. — E, dccto questo, tocando l’asino cum una buona bachettata, dixe: — Arri lá! — e, credendo dare a l’asino, non pensando a misser Paulo, perché era ancora lui megio impaurito, li dette una buona bachettata sopra il collo. Il che sufferendo misser Paulo, pieno di paura stette cheto; e, perché l’asino non fu tóco, andando piano, l’infrangitore el sollecitò ad andare cum un’altra bona bachettata, e, credendo dare a l’asino, dette al scolaro sopra l’umero sinistro una magior percossa de la prima. Del che sentendo passione e dubitando ch’el non reiterasse le batteture, perché l’asino non se movea del suo pigro andare, se cavò un aghetto de strenga, col quale pungendo quello sotto il corpo, li recordava in tal modo l’andare, che satisfaceva al padrone. E in questo modo tanto stette ascoso misser Paulo acosto l’asino, ch’el cavaliero, senza cercare piú oltra, partitte. Il che cognosciuto il scolaro, se levò da lato l’asino, che ancora battea il core de la paura, e, chiamato l’infrangitore, dixe: — Patre mio, io ho avuto paura e ambascia ad uno medesimo tempo: paura, vedendome quasi ne le fauce del nimico, e ambascia, perché, credendo voi dare a l’asino acioché andasse presto, davi a me in modo che me véneno piú de due volte le luzole agli occhi per doglia. — Oimè! — dixe l’infrangitore, — perdonatime, ché in prova non l’ho giá facto, perché, non