Pagina:Arienti, Giovanni Sabadino degli – Le porretane, 1914 – BEIC 1736495.djvu/90

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specialmente ne’ religiosi par che troppo disconvenga, — Ben — rispose frate Guglielmone, levandose un poco da sedere e col capo prestandoli debita reverenzia, — io el farò un’altra fiata. Patre mio, perdonatime, ché ne dico «mia colpa». — Da poi, postose giuso a mangiare, e tollendo il pedo del casio avea nella scodella e volendo pore sopra el taglierò per tagliarlo, non si presto Tebbe preso cum le dita, ch’el parve che il gatto, spinto da lo occulto inimico, traesse le acute artiglie e prendesse il casio insieme cum la mano, la quale feritte in modo, che, sentendo l’ambascia fin al core, frate Guglielmo perse in tutto la pa/ienzia e la umilitade, dicendo forte: — Gatti, gatti, via, al nome del gran diavolo! — menando tuttavia la mano per doglia, che insaguinava. El priore, vedendo la iracondia e impazienzia sua e la oblivione de la prima e seconda monizione che gli avea facto, dixe agli altri frati: — Presto, presto! pigliate quel gatto e costui insieme, ch’io voglio mangi in terra seco nella scodella. — Posto adunque frate Guglielmo incontinenti in terra, nel megio del refetorio, a sedere, e cum il suo minestro davanti, e factogli tenere el muso del gatto ed il suo in uno medesimo tempo dentro de la scudella, dixe el priore: — Or mangiate, frate Guglielmo, che prò ve fazza; ché non voglio darve al presente altra penitenzia che la compagnia de questo animale. — Di che voltandose subito el stomaco a frate Guglielmo, e infiamatosi de ira e furore, si levò presto in piedi dritto, e, dando cum uno piede nella scudella e cum l’altro nel gatto, altamente dixe: — Deh! pota de mia madre, da poi ch’el me conviene avere pazienzia che le gatte me furano la parte mia e poi mangino meco in la scudella! Vui sete una brigata, che predicate la caritá e tenete il culo in chiasso, lo non ho mai ledo né inteso che san Basilio volesse li gatti e li cani a taglierò seco; ché bisogna far queste straniezze? E pur me levo cusi bene a mattutino come voi, gaglioffi e poltroni che vui séti! Datime li raei panni presto, ché piú non ce voglio stare! — tirandose superbamente indrieto e cum venenoso guardo minaciando el priore e li frati. Il priore, vedendo la insolenzia sua e temendo de pegio, comandò che fusseno chiuse le porte del monasterio e subito pigliato frate Guglielmo. Audendo