Pagina:Ariosto, Ludovico – Lirica, 1924 – BEIC 1740033.djvu/152

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146 vi - stanze

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     Il dotto e savio chierco, da chi detta
mi fu l’istoria (ché ben n’era instrutto),
dicea che la Sibilla, acciò perfetta
notizia avesse Costantin del tutto,
fece dodici scudi far in fretta,
in ciascun de li quali avea ridutto
lo spazio di cent’anni: io voglio dire
ciò ch’in cent’anni Italia avea a patire.
13
     Fra mille e ducent’anni ciò che debbe
patir Italia nei dodici scudi
dipinse la Sibilla, a cui ne ’ncrebbe,
e tutte v’adoprò l’arte e li studi;
e poi ch’al bel lavor dato fin ebbe,
rimesse i fuochi, i martelli e l’incudi,
dove sudâr Vulcani e Piragmoni,
Steropi e Bronti e cento altri demòni.
14
     Li scudi un giorno, senza comparire
il portator, suspesi in Roma al muro
di Lateran, quand’alla messa uscire
volea l’imperator, veduti fûro;
il qual mirolli, e quanto avea a seguire
de la partita sua non gli fu oscuro;
ché per note minute, oltra il dipinto,
di tempo in tempo il tutto era distinto.
15
     Le guerre che in Italia dovean farsi,
tutte vi si vedean come giá fatte:
ombri, piceni, insubri, appuli o marsi,
morti e captivi e le cittá disfatte;
Roma presa più volte e li templi arsi
e l’alte moli, e non mai più rifatte,
da gente strane, ch’a quei tempi, come
giá detto v’ho, non pur si sapea il nome.