Pagina:Ariosto, Ludovico – Lirica, 1924 – BEIC 1740033.djvu/154

Da Wikisource.
148 vi - stanze

20
     Galeotto lo Brun, ch’era a’ di suoi
il maggior cavallier ch’al mondo fusse,
che l'isole lontane e li Stenoi
col nostro regno al scettro suo ridusse,
si fe’ signor di questo scudo, poi
ch’un re de’ goti di sua man percusse,
percusse e messe a morte, indi portollo
seco in Islanda, ove al morir lasciollo.
.    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    
.    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    

II

1
.    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    
.    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    
     Nel scudo prima Radagasso ardito
aver distrutta Italia si vedea;
poi Stillicone in contra essergli uscito,
che condotto a mal termine l’avea.
Venia di Gallia un altro, che tradito
dal capitan d’Onorio si dolea,
che piglia e mette a sacco Italia e Roma,
e scritto v’è ch’Alarico si noma.
2
     Evvi Ataulfo, che levar desia
Roma dal mondo e far nuova cittade,
che nome da li goti abbia Goda;
e che né piú cesarea maiestade,
né nome imperial né Augusto sia,
ma sia Ataulfo alla futura etade.
Ezio patrizio v’è, che par che chiami
gli unni e l’Italia in preda lor dar brami.