Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. I, 1928 – BEIC 1737380.djvu/119

Da Wikisource.

sesto 113


32
     Poi si vide sudar su per la scorza,
come legno dal bosco allora tratto,
che del fuoco venir sente la forza,
poscia ch’invano ogni ripar gli ha fatto;
e cominciò: — Tua cortesia mi sforza
a discoprirti in un medesmo tratto
ch’io fossi prima, e chi converso m’aggia
in questo mirto in su l’amena spiaggia.

33
     Il nome mio fu Astolfo; e paladino
era di Francia, assai temuto in guerra:
d’Orlando e di Rinaldo era cugino,
la cui fama alcun termine non serra;
e si spettava a me tutto il domino,
dopo il mio padre Oton, de l’Inghilterra.
Leggiadro e bel fui sí, che di me accesi
piú d’una donna; e al fin me solo offesi.

34
     Ritornando io da quelle isole estreme
che da Levante il mar Indico lava,
dove Rinaldo et alcun’altri insieme
meco fur chiusi in parte oscura e cava,
et onde liberate le supreme
forze n’avean del cavallier di Brava;
vêr ponente io venía lungo la sabbia
che del settentrïon sente la rabbia.

35
     E come la via nostra e il duro e fello
distin ci trasse, uscimmo una matina
sopra la bella spiaggia, ove un castello
siede sul mar, de la possente Alcina.
Trovammo lei ch’uscita era di quello,
e stava sola in ripa alla marina;
e senza rete e senza amo traea
tutti li pesci al lito, che volea.