Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. I, 1928 – BEIC 1737380.djvu/180

Da Wikisource.
174 canto


16
     Breaco e Landriglier lascia a man manca,
e va radendo il gran lito britone;
e poi si drizza invêr l’arena bianca,
onde Ingleterra si nomò Albïone;
ma il vento, ch’era da meriggie, manca,
e soffia tra il ponente e l’aquilone
con tanta forza, che fa al basso porre
tutte le vele, e sé per poppa tôrre.

17
     Quanto il navilio inanzi era venuto
in quattro giorni, in un ritornò indietro,
ne l’alto mar dal buon nochier tenuto,
che non dia in terra e sembri un fragil vetro.
Il vento, poi che furïoso suto
fu quattro giorni, il quinto cangiò metro:
lasciò senza contrasto il legno entrare
dove il fiume d’Anversa ha foce in mare.

18
     Tosto che ne la foce entrò lo stanco
nochier col legno afflitto, e il lito prese,
fuor d’una terra che sul destro fianco
di quel fiume sedeva, un vecchio scese,
di molta etá, per quanto il crine bianco
ne dava indicio; il qual tutto cortese,
dopo i saluti, al conte rivoltosse,
che capo giudicò che di lor fosse.

19
     E da parte il pregò d’una donzella,
ch’a lei venir non gli paresse grave,
la qual ritroverebbe, oltre che bella,
piú ch’altra al mondo affabile e soave;
over fosse contento aspettar, ch’ella
verrebbe a trovar lui fin alla nave:
né piú restio volesse esser di quanti
quivi eran giunti cavallieri erranti;