Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. I, 1928 – BEIC 1737380.djvu/259

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canto duodecimo 253


36
     Volgon pel bosco or quinci or quindi in fretta
quelli scherniti la stupida faccia;
come il cane talor, se gli è intercetta
o lepre o volpe a cui dava la caccia,
che d’improviso in qualche tana stretta
o in folta macchia o in un fosso si caccia.
Di lor si ride Angelica proterva,
che non è vista, e i lor progressi osserva.

37
     Per mezzo il bosco appar sol una strada:
credono i cavallier che la donzella
inanzi a lor per quella se ne vada;
che non se ne può andar, se non per quella.
Orlando corre, e Ferraú non bada,
né Sacripante men sprona e puntella.
Angelica la briglia piú ritiene,
e dietro lor con minor fretta viene.

38
     Giunti che fur, correndo, ove i sentieri
a perder si venian ne la foresta,
e cominciâr per l’erba i cavallieri
a riguardar se vi trovavan pesta;
Ferraú, che potea fra quanti altieri
mai fosser, gir con la corona in testa,
si volse con mal viso agli altri dui,
e gridò lor: — Dove venite vui?

39
     Tornate a dietro, o pigliate altra via,
se non volete rimaner qui morti:
né in amar né in seguir la donna mia
si creda alcun, che compagnia comporti. —
Disse Orlando al Circasso: — Che potria
piú dir costui, s’ambi ci avesse scorti
per le piú vili e timide puttane
che da conocchie mai traesser lane? —