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secondo 27


20
     Signor, non voglio che vi paia strano
se Rinaldo or sí tosto il destrier piglia,
che giá piú giorni ha seguitato invano,
né gli ha possuto mai toccar la briglia.
Fece il destrier, ch’avea intelletto umano,
non per vizio seguirsi tante miglia,
ma per guidar dove la donna giva,
il suo signor, da chi bramar l’udiva.

21
     Quando ella si fuggi dal padiglione,
la vide et appostolla il buon destriero,
che si trovava aver vòto l’arcione,
però che n’era sceso il cavalliero
per combatter di par con un barone,
che men di lui non era in arme fiero;
poi ne seguitò l’orme di lontano,
bramoso porla al suo signore in mano.

22
     Bramoso di ritrarlo ove fosse ella,
per la gran selva inanzi se gli messe;
né lo volea lasciar montare in sella,
perché ad altro camin non lo volgesse.
Per lui trovò Rinaldo la donzella
una e due volte, e mai non gli successe;
che fu da Ferraú prima impedito,
poi dal Circasso, come avete udito.

23
     Ora al demonio che mostrò a Rinaldo
de la donzella li falsi vestigi,
credette Baiardo anco, e stette saldo
e mansueto ai soliti servigi.
Rinaldo il caccia, d’ira e d’amor caldo,
a tutta briglia, e sempre invêr Parigi:
e vola tanto col disio, che lento,
non ch’un destrier, ma gli parrebbe il vento.