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quintodecimo 327


16
     Lasciando il porto e l’onde piú tranquille,
con felice aura ch’alla poppa spira,
sopra le ricche e populose ville
de l’odorifera India il duca gira,
scoprendo a destra et a sinistra mille
isole sparse; e tanto va, che mira
la terra di Tomaso, onde il nocchiero
piú a tramontana poi volge il sentiero.

17
     Quasi radendo l’aurea Chersonesso,
la bella armata il gran pelago frange:
e costeggiando i ricchi liti, spesso
vede come nel mar biancheggi il Gange;
e Traprobane vede e Cori appresso;
e vede il mar che fra i duo liti s’ange.
Dopo gran via furo a Cochino, e quindi
usciro fuor dei termini degl’Indi.

18
     Scorrendo il duca il mar con sí fedele
e sí sicura scorta, intender vuole,
e ne domanda Andronica, se de le
parti c’han nome dal cader del sole,
mai legno alcun che vada a remi e a vele,
nel mare orïentale apparir suole;
e s’andar può senza toccar mai terra,
chi d’India scioglia, in Francia o in Inghilterra.

19
     — Tu déi sapere (Andronica risponde)
che d’ogn’intorno il mar la terra abbraccia;
e van l’una ne l’altra tutte l’onde,
sia dove bolle o dove il mar s’aggiaccia;
ma perché qui davante si difonde,
e sotto il mezzodí molto si caccia
la terra d’Etïopia, alcuno ha detto
ch’a Nettunno ir piú inanzi ivi è interdetto.