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Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. I, 1928 – BEIC 1737380.djvu/92

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86 canto


20
     Io confortai l’amator mio sovente,
che volesse lasciar la vana impresa;
né si sperasse mai volger la mente
di costei, troppo ad altro amore intesa:
e gli feci conoscer chiaramente,
come era sí d’Arïodante accesa,
che quanta acqua è nel mar, piccola dramma
non spegneria de la sua immensa fiamma.

21
     Questo da me piú volte Polinesso
(che cosí nome ha il duca) avendo udito,
e ben compreso e visto per se stesso
che molto male era il suo amor gradito;
non pur di tanto amor si fu rimesso,
ma di vedersi un altro preferito,
come superbo, cosí mal sofferse,
che tutto in ira e in odio si converse.

22
     E tra Ginevra e l’amator suo pensa
tanta discordia e tanta lite porre,
e farvi inimicizia cosí intensa,
che mai piú non si possino comporre;
e por Ginevra in ignominia immensa
donde non s’abbia o viva o morta a tôrre:
né de l’iniquo suo disegno meco
volse o con altri ragionar, che seco.

23
     Fatto il pensier: — Dalinda mia, — mi dice
(che cosí son nomata) — saper déi,
che come suol tornar da la radice
arbor che tronchi e quattro volte e sei;
cosí la pertinacia mia infelice,
ben che sia tronca dai successi rei,
di germogliar non resta; che venire
pur vorria a fin di questo suo desire.