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ventesimoterzo 201


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     Di molte cose l’ammonisce e molte,
che trattar con Ruggier abbia in sua vece;
le qual poi ch’ebbe Ippalca ben raccolte,
si pose in via, né piú dimora fece.
Per strade e campi e selve oscure e folte
cavalcò de le miglia piú di diece;
che non fu a darle noia chi venisse,
né a domandarla pur dove ne gisse.

33
     A mezzo il giorno, nel calar d’un monte,
in una stretta e malagevol via
si venne ad incontrar con Rodomonte,
ch’armato un piccol nano e a piè seguia.
Il Moro alzò vêr lei l’altiera fronte,
e bestemmiò l’eterna Ierarchia,
poi che sí bel destrier, sí bene ornato,
non avea in man d’un cavallier trovato.

34
     Avea giurato che ’l primo cavallo
torria per forza, che tra via incontrasse.
Or questo è stato il primo; e trovato hallo
piú bello e piú per lui, che mai trovasse:
ma torlo a una donzella gli par fallo;
e pur agogna averlo, e in dubbio stasse.
Lo mira, lo contempla, e dice spesso:
— Deh perché il suo signor non è con esso! —

35
     — Deh ci fosse egli! (gli rispose Ippalca)
che ti faria cangiar forse pensiero.
Assai piú di te val chi lo cavalca,
né io pareggia al mondo altro guerriero. —
— Chi è (le disse il Moro) che sí calca
l’onore altrui? — Rispose ella: — Ruggiero. —
E quel suggiunse: — Adunque il destrier voglio,
poi ch’a Ruggier, sí gran campion, lo toglio.