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Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/375

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ventesimottavo 369


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     Fra l’una e l’altra gamba di Fiammetta,
che supina giacea, diritto venne;
e quando le fu a par, l’abbracciò stretta,
e sopra lei sin presso al dí si tenne.
Cavalcò forte, e non andò a staffetta;
che mai bestia mutar non gli convenne:
che questa pare a lui che sí ben trotte,
che scender non ne vuol per tutta notte.

65
     Avea Iocondo et avea il re sentito
il calpestio che sempre il letto scosse;
e l’uno e l’altro, d’uno error schernito,
s’avea creduto che ’l compagno fosse.
Poi ch’ebbe il Greco il suo camin fornito,
sí come era venuto, anco tornosse.
Saettò il sol da l’orizzonte i raggi;
sorse Fiammetta, e fece entrare i paggi.

66
     Il re disse al compagno mottegiando:
— Frate, molto camin fatto aver déi;
e tempo è ben che ti riposi, quando
stato a cavallo tutta notte sei. —
Iocondo a lui rispose di rimando,
e disse: — Tu di’ quel ch’io a dire avrei.
A te tocca posare, e pro ti faccia,
che tutta notte hai cavalcato a caccia. —

67
     — Anch’io (suggiunse il re) senza alcun fallo
lasciato avria il mio can correre un tratto,
se m’avessi prestato un po’ il cavallo,
tanto che ’l mio bisogno avessi fatto. —
Iocondo replicò: — Son tuo vasallo,
e puoi far meco e rompere ogni patto:
sí che non convenia tal cenni usare;
ben mi potevi dir: lasciala stare. —