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Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/378

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372 canto


76
     Quivi era un uom d’etá, ch’avea piú retta
opinïon degli altri, e ingegno e ardire;
e non potendo ormai, che sí negletta
ogni femina fosse, piú patire,
si volse a quel ch’avea l’istoria detta,
e gli disse: — Assai cose udimo dire,
che veritade in sé non hanno alcuna:
e ben di queste è la tua favola una.

77
     A chi te la narrò non do credenza,
s’evangelista ben fosse nel resto;
ch’opinïone, piú ch’esperïenza
ch’abbia di donne, lo facea dir questo.
L’avere ad una o due malivolenza,
fa ch’odia e biasma l’altre oltre all’onesto;
ma se gli passa l’ira, io vo’ tu l’oda,
piú ch’ora biasmo, anco dar lor gran loda.

78
     E se vorrá lodarne, avrá maggiore
il campo assai, ch’a dirne mal non ebbe:
di cento potrá dir degne d’onore
verso una trista che biasmar si debbe.
Non biasmar tutte, ma serbarne fuore
la bontá d’infinite si dovrebbe;
e se ’l Valerio tuo disse altrimente,
disse per ira, e non per quel che sente.

79
     Ditemi un poco: è di voi forse alcuno
ch’abbia servato alla sua moglie fede?
che nieghi andar, quando gli sia oportuno,
all’altrui donna, e darle ancor mercede?
credete in tutto ’l mondo trovarne uno?
chi ’l dice, mente; e folle è ben chi ’l crede.
Trovatene vo’ alcuna che vi chiami?
(non parlo de le publiche et infami).