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Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/233

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quarantesimosecondo 227


12
     Di tal vittoria non troppo gioioso,
presto di sella il paladin si getta;
e col viso turbato e lacrimoso
a Brandimarte suo corre a gran fretta.
Gli vede intorno il campo sanguinoso:
l’elmo che par ch’aperto abbia una accetta,
se fosse stato fral piú che di scorza,
difeso non l’avria con minor forza.

13
     Orlando l’elmo gli levò dal viso,
e ritrovò che ’l capo sino al naso
fra l’uno e l’altro ciglio era diviso:
ma pur gli è tanto spirto anco rimaso,
che de’ suoi falli al Re del paradiso
può domandar perdono anzi l’occaso;
e confortare il conte, che le gote
sparge di pianto, a pazïenzia puote;

14
     e dirgli: — Orlando, fa che ti raccordi
di me ne l’orazion tue grate a Dio;
né men ti raccomando la mia Fiordi... —
ma dir non poté ligi, e qui finio.
E voci e suoni d’angeli concordi
tosto in aria s’udîr, che l’alma uscío;
la qual disciolta dal corporeo velo
fra dolce melodia salí nel cielo.

15
     Orlando, ancor che far dovea allegrezza
di sí devoto fine, e sapea certo
che Brandimarte alla suprema altezza
salito era; che ’l ciel gli vide aperto;
pur da la umana volontade, avezza
coi fragil sensi, male era sofferto
ch’un tal piú che fratel gli fosse tolto,
e non aver di pianto umido il volto.