Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/368

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362 canto


16
     Veggo Nicolò Tiepoli, e con esso
Nicolò Amanio in me affissar le ciglia;
Anton Fulgoso ch’a vedermi appresso
al lito mostra gaudio e maraviglia.
Il mio Valerio è quel che lá s’è messo
fuor de le donne; e forse si consiglia
col Barignan c’ha seco, come offeso
sempre da lor, non ne sia sempre acceso.

17
     Veggo sublimi e soprumani ingegni
di sangue e d’amor giunti, il Pico e il Pio.
Colui che con lor viene, e da’ piú degni
ha tanto onor, mai piú non conobbi io;
ma, se me ne fur dati veri segni,
è l’uom che di veder tanto desio,
Iacobo Sanazar, ch’alle Camene
lasciar fa i monti et abitar l’arene.

18
     Ecco il dotto, il fedele, il diligente
secretario Pistofilo, ch’insieme
con gli Acciaiuoli e con l’Angiar mio sente
piacer, che piú del mar per me non teme.
Annibal Malaguzzo, il mio parente,
veggo con l’Adoardo, che gran speme
mi dá, ch’ancor del mio nativo nido
udir fará da Calpe agli Indi il grido.

19
     Fa Vittor Fausto, fa il Tancredi festa
di rivedermi, e la fanno altri cento.
Veggo le donne e gli uomini di questa
mia ritornata ognun parer contento.
Dunque a finir la breve via che resta,
non sia piú indugio, or c’ho propizio il vento
e torniamo a Melissa, e con che aita
salvò, diciamo, al buon Ruggier la vita.