Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/47

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trentesimoquarto 41


28
     E quando anco mio padre a lui ritroso
stato fosse, io l’avrei tanto pregato,
ch’avria l’amante mio fatto mio sposo.
Pur, se veduto io l’avessi ostinato,
avrei fatto tal opra di nascoso,
che di me Alceste si saria lodato.
Ma poi ch’a lui tentar parve altro modo,
io di mai non l'amar fisso avea il chiodo.

29
     E se ben era a lui venuta, mossa
da la pietá ch’al mio padre portava,
sia certo che non molto fruir possa
il piacer ch’al dispetto mio gli dava;
ch’era per far di me la terra rossa,
tosto ch’io avessi alla sua voglia prava
con questa mia persona satisfatto
di quel che tutto a forza saria fatto.

30
     Queste parole e simili altre usai,
poi che potere in lui mi vidi tanto;
e ’l piú pentito lo rendei, che mai
si trovasse ne l’eremo alcun santo.
Mi cadde a’ piedi, e supplicommi assai,
che col coltel che si levò da canto
(e volea in ogni modo ch’io ’l pigliassi)
di tanto fallo suo mi vendicassi.

31
     Poi ch’io lo trovo tale, io fo disegno
la gran vittoria insin al fin seguire:
gli do speranza di farlo anco degno
che la persona mia potrá fruire,
s’emendando il suo error, l’antiquo regno
al padre mio fará restituire;
e nel tempo a venir vorrá acquistarme
servendo, amando, e non mai piú per arme.