Pagina:Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu/123

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94 i cinque canti.

Poi mi nascondo, ed armi muto e spoglia,
E piglio a’ miei servigi un scudier novo;
E per le selve ove meno ir si soglia,
Verso la torre ascosa via ritrovo;
E dove è più solinga e strana ed erma
Incontro una donzella che mi ferma,

66 E dice: — Astolfo, gioveràtti poco
(Chè mi chiamò per nome) andar di piatto;1
Chè ben sarai trovato, e a tempo e a loco
Ti punirà quello a chi ingiuria hai fatto. —
Così dice; e ne va poi come foco
Che si vede pel ciel discorrer ratto:
La vô seguir; ma sì corre, anzi vola,
Che replicar non posso una parola.

67 E se n’andò quel dì medesimo anco
A ritrovar Gualtiero afflitto e mesto,
Che per dolor si battea il petto e ’l fianco,
E gli fe tutto il caso manifesto:
Non già che alcun me lo dicesse, e manco
Che con gli occhi ’l vedessi, io dico questo;
Ma così discorrendo colla mente,
Veggo che non puot’esser altramente.

68 Conjetturando, similmente seppi
Esser costei d’Alcina messaggera;
Che dal dì ch’io mi sciolsi da’ suoi ceppi,
Sempre venuta insidïando m’era.
Come ho detto, costei Gualtier pei greppi
Pianger trovò di sua fortuna fiera;
Nè chi offeso l’avea gli mostra solo,
Ma il modo ancor di vendicar suo duolo.

69 E lo pon, come suol porre alla posta
Il mastro della caccia e spiedi e cani;
E tanto fa, ch’un mio corrier, ch’in posta
Mandav’a Antona, gli fa andar in mani.
Io scrivea a un mio, ch’ivi tenea a mia posta
Un legno per portarmi agli Aquitani,
Il giorno ch’io volea che fosse a punto
In certa spiaggia per levarmi giunto.

70 Nè in Antona volea nè in altro porto,
Per non lasciar conoscermi, imbarcarmi:


  1. Di soppiatto. Vedi Furioso, c. XXVII, st. 106.