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canto quinto. 107

Che Sinibaldo avea, sendo nascosto
(Sapete già come fu tolto al fello
Gan di Maganza, e in altro dito posto;
Non che ’l scudier virtù sapesse in quello,
Ma perchè il vedea bello e di gran costo),
Vertunno, a cui il parlar non fu interdetto,
Là si trovò con gli altri spirti astretto.

30 E perchè il scilinguagnolo avea rotto,
Narrò di Gano l’opera volpina,
Ch’a prender varie forme l’avea indotto
Per por Rinaldo e i suoi tutti in ruina;
E gli narrò l’istoria motto a motto,
E da Gloricia cominciò e da Alcina,
Fin che sul molo Bradamante ascesa,
Per fraude fu colla sua terra presa.

31 Maravigliòssi Malagigi, e lieto
Fu ch’un spirto a sè incognito gli avesse
A caso fatto intendere un secreto
Che saper d’alcun altro non potesse.
L’anello in ch’era chiuso il spirto inquieto,
Nel dito onde lo tolse, anco rimesse;
E la mattina andò verso Rinaldo,
Pur con la compagnía di Sinibaldo.

32 Rinaldo dava il guasto alla campagna
Delli Turoni e la città premea;
Chè, costeggiando Averni e quei di Spagna,
Col lito di Pittoni e di Bordea,
Se gli era il pian renduto e la montagna,
Nè fatto colpo mai di lancia avea:
Ma già per l’avvenir così non fia,
Poi ch’Orlando al contrasto gli venia.

33 Orlando amò Rinaldo, e gli fu sempre
A far piacer e non oltraggio pronto;
Ma questo amore è forza che distempre
Il veder far del re sì poco conto.
Non sa trovar ragion con la qual tempre
L’ira c’ha contra lui per questo conto:
Cagion non gli può alcuna entrar nel côre,
Che scusi il suo cugin di tanto errore.

34 Or se ne viene il paladino innanti
Quanto più può verso Rinaldo in fretta;
E seco ha cavalieri, arcieri e fanti,