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frammento terzo. 147


8 Quando il sol meno appar, l’ombra è maggiore;
Di che nasce talor vana paura:
Poi, se vibra nel ciel chiaro splendore,
L’ombra decresce e ’l timido assicura.
Io lontano al mio sol vivo in timore;
Torna il mio sol, più quel timor non dura:
L’un sole almen non arde ove non splende;
Presso lunge quest’altro ognor m’incende.

9 U’ non è il sole ogni fiammella luce;
Che non si vede poi che ’l giorno arriva:
U’ non è il sol che di mia vita è duce,
Fiammeggia il van sospetto e in me s’avviva;
Ma quando aggiorna la mia diva luce,
La debil fiamma di splendor è priva.
Deh! che val che ’l mio sol spenga ogni lume,
Se in me resta il calor che mi consume?

10 Come la notte ogni fiammella è viva,
E riman spenta subito ch’aggiorna;
Così quando il mio sol di sè mi priva,
Mi leva incontro il rio timor le corna:
Ma non sì tosto all’orizzonte arriva,
Che ’l timor fugge e la speranza torna.
Deh torna a me, deh torna, o caro lume,
E scaccia il rio timor che mi consume.

11 Se ’l sol si scosta e lascia i giorni brevi,
Quanto di bello avea la terra asconde;
Fremono i venti e portan ghiacci e nevi,
Non canta augel, nè fior si vede o fronde:
Così qualor avvien che da me levi,
O mio bel sol, le tue luci gioconde,
Mille timori, e tutti iniqui, fanno
Un aspro verno in me più volte l’anno.

12 Deh toma a me, mio sol; vieni, e rimena
La desïata dolce primavera;
Sgombra i ghiacci e le nevi, e rasserena
La mente mia sì nubilosa e nera.
Qual Progne si lamenta o Filomena,
Che a cercar esca ai figliuolini ita era,
E trova il nido vôto; o qual si lagna
Tortore c’ha perduto la compagna.