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164 satira seconda.

     S’io dirò: — Spenditor, questo mi piglia,
Che l’umido cervel1 poco nodrisce;
75Questo no, che ’l catar troppo assottiglia; —
     Per una volta o due che mi ubbidisce,
Quattro e sei mi si scorda, o perchè teme
78Che non gli sia accettato, non ardisce.
     Io mi riduco al pane; e quindi freme
La collera: cagion che alli due motti
81Gli amici ed io siamo a contesa insieme.
     Mi potreste anco dir: — Delli tuoi scotti2
Fa che ’l tuo fante comprator ti sia;
84Mangia i tuoi polli alli tuo’ alari cotti. —
     Io per la mala servitude mia
Non ho dal cardinale ancora tanto,
87Ch’io possa fare in corte l’osteria.
     Apollo, tua mercè, tua mercè, santo
Collegio delle Muse, io non possiedo
90Tanto per voi, ch’io possa farmi un manto.
     — Oh! il signor t’ha dato... — Io vel concedo,
Tanto che fatto m’ho più d’un mantello;
93Ma che m’abbia per voi3 dato non credo.4
     Egli l’ha detto:5 io dirlo a questo e a quello
Voglio anco, e i versi miei posso a mia posta
96Mandar al culiséo per lo suggello.
     Non vuol che laude sua da me composta,
Per opra degna di mercè si pona;
99Di mercè degno è l’ir correndo in posta.


  1. Contentandoci di avvertire che molte edizioni qui pongono l’umido crudel, non ci brigheremo di spiegare questi due versi ripetendo gli aforismi dell’antica scienza medicale.
  2. Esempio, pare a noi, da valersene per confermare il senso primitivo che viene a tal voce attribuito nel Vocabolario.
  3. Cioè, per voi Muse, alle quali il poeta pone in bocca il principio della risposta: «Oh! il signor t’ha dato...»
  4. Riportiamo, senz’altro, queste due terzine come si leggono nel maggior numero delle stampe, prima che venissero emendate secondo l’autografo:
                             Apollo, tua mercè, tua mercè, santo
                                  Collegio de le Muse, io non mi trovo
                                  Tanto per voi, ch’io possa farmi un manto.
                             E se ’l Signor m’ha dato onde far nuovo
                                  Ogni anno mi potrei più d’un mantello,
                                  Che m’abbia per voi dato io non approvo.
  5. Allusione a quella domanda divenuta sì celebre: «Dove avete trovato, messer Lodovico, tante corbellerie?» E più alla severa ammonizione, adombrata nel seguente terzetto, «che sarebbegli stato assai più caro che avesse atteso a servirlo.» Vedi Baruffaldi, Vita ec., pag. 175.