Pagina:Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu/261

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232 elegia decima.

Se star dalle repulse e sdegni assente,
18Potesse risanar la mia ferita;
     Quando1 provato avea ch’era possente
Trarmi ad irreparabile ruina
21A voi senza mercè l’esser presente.
     Che se un contrario all’altro è medicina,
Non so perchè dall’un pigliando forza,
24Per l’altro la mia doglia non declina.
     Piglia forza dall’uno, e non s’ammorza
Per l’altro già; nè già si minuisce,
27Anzi più per assenza si rinforza.
     Io solea dir fra me: — Dove gioisce
Felice alcuno in riso, in festa e in gioco,
30Non sto ben io, ch’Amor qui si nudrisce. —
     E con speranza che giovar non poco
Mi dovesse il contrario, io vermi in parte
33Dove i pianti e le strida avevan loco.2
     Il ferro, il fôco e l’altre opre di Marte
Vedere in danno altrui, pensai che fosse
36A risanare un misero buon’arte.
     Io venni dove le campagne rosse
Eran del sangue barbaro e latino,
39Che fiera stella dianzi a furor mosse;
     E vidi un morto all’altro sì vicino,
Che, senza premer lor, quasi il terreno
42A molte miglia non dava il cammino.
     E da chi alberga tra Garonna e ’l Reno
Vidi uscir crudeltà, che ne dovria
45Tutto il mondo d’orror rimaner pieno.3
     Non fu la doglia in me però men ria;


  1. Imperciocchè.
  2. Accenna in questa e nelle seguenti terzine la memorabile giornata di Ravenna, accaduta per la pasqua di resurrezione l’anno 1512, ai 12 di aprile, fra gli Spagnuoli, Svizzeri e papa Giulio II da una parte, e i Francesi e il duca Alfonso di Ferrara dall’altra, colla vittoria di questi ultimi. Vi rimasero uccisi da circa 18 mila combattenti. Il poeta, secondo l’uso degli antichi Romani, dà il nome di Barbari ai popoli non italici, ed a questi quello di Latini. — (Molini.) — Anche da questo luogo i biografi del poeta vorrebbero inferire com’egli trattasse, e non senza onore, le armi. Vedi Baruffaldi, op. cit., pag. 133-35; e leggasi il latino componimento De divertis amoribus. A noi pare che a questa interpretazione óstino, se non altro, le parole: «in danno altrui» (v. 35).
  3. I Francesi si condussero assai crudelmente nel sacco di Ravenna. Vedi Guicciardini, Lib. X. — (Molini.)