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CANZONI.




CANZONE PRIMA.




     Non so s’io potrò ben chiudere in rima
Quel che in parole sciolte
Fatica avrei di raccontarvi a pieno:
Come perdei mia libertà,1 che prima,
5Madonna, tante volte
Difesi, acciò non n’avesse altri il freno.
Tenterò nondimeno
Farne il poter, poi che così v’aggrada;
Con desir che ne vada
10La fama, e a molti secoli dimostri
Le chiare palme e i gran trionfi vostri.
     Le sue vittorie ha fatto illustri2 alcuno,
E con gli eterni scritti
Ha tratto fuor del tenebroso oblio:
15Ma li perduti eserciti nessuno,
E gli avversi conflitti,
Ebbe ancor mai di celebrar disio.
Sol celebrar vogl’io
Il dì ch’andai prigion ferito a morte;
20Chè, contra man sì forte,
Ben ch’io perdei, pur l’aver preso assalto,
Più che mill’altri vincitor mi esalto.


  1. Il Baruffaldi fece un lungo comento a questa Canzone, colla quale il poeta descrive l’amore da lui concepito in Firenze per Alessandra di Francesco Benucci, che da poco era rimasta vedova di Tito di Leonardo Strozzi, abitante in Ferrara al servizio del duca, e cognata del fiorentino Niccolò Vespucci, presso cui Lodovico, cominciando dal giugno del 1513, avea dimorato per lo spazio di sei mesi.
  2. Il Barotti e il Molini ritennero l’antica o erronea desinenza: illustre.

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