Pagina:Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu/475

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446 elegie.

Tu altri godi, ed io te sol aspetto:
18Di bianco vesti, ed io di negro ho il manto.
     Leva tal passïon del miser petto:
Non aspettar sentir mia crudel morte;
21Chè crudeltade il ciel tiene in dispetto.
     Qualunque batte a la mìa casa o porta,
Súbito corro e dico: — Forse è il messo
24Che del mio fino amor nuova mi porta. —
     La notte, in sogno, teco parlo spesso:
Questo è quel che mi consuma il côre;
27Quando mi sveglio non ti trovo appresso.
     Io piango i giorni, i mesi, i punti e l’ore
Che ti partisti, e non dicesti — Vale. —
30Misero, oimè, per te vivo in dolore!
     Amor crudel con suo pungente strale
M’ha fatto sì, che sole, ombra non veggio,
33Rimedio alcun non trovo al mio gran male:
     E tu, crudel, sarai cagion ch’io ’l veggio.




III.1


     Lasso, che bramo più, che più vogl’io,
Se nulla cosa di voler mi resta,
3E son, senza desir, pien di disio?
     Amor mi tien pur sempre in gioja e in festa:
Che brami dunque, disïosa voglia?
6Qual nuova cosa tanto mi molesta?
     I’ voglio, ma non so quel ch’io mi voglia;
E volendo mi doglio: ah duro fato,
9Che senza alcun dolor sempre mi doglia!
     So ben ch’io son più lieto e più beato
Di quale amante più felice mai,
12E sovra modo alla mia donna grato;
     So che lei m’ama ed hammi caro assai,
E meco è d’una voglia e d’uno amore,
15E possedo quel ben ch’io desiai:


  1. Questo ancora non è, per mio parere, più dell’Ariosto, di quel che sieno i due precedenti. — (Barotti.)