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470 canzoni.

In parte da bearme,
Or congiurato par tutto a dannarme?
    35A che pur tante e tante, Amor, versarmi
In grembo tue ricchezze,
E di tante allegrezze il côr colmarmi,
Per or più che mai farmi
E povero e doglioso? In ciel beato
40Lasso! fui poco: or cággione, e dannato
Per sempre; nè già1 mio
(E questo è ch’io mi doglio)
Superbo orgoglio od altro fallo rio.
     Per troppo aspro vïaggio
45E lungo il giovin mio Genebro porti.
Deh, no ’l trar di quest’orti
Cultor! deh, sia più saggio!
Ahi, ch’ogni picciol raggio
Di sole, ogni aura leve, gentil fronda
50E ramo, come i suoi, séccane e sfronda!
     Ne riponeva in ciel, pianta al ciel grata,
Tua bella vista sola;
Ne riponeva in ciel, pianta beata,
L’ombra ch’or mi s’invola.
55Ahi folle e dispietata
Man che d’orto sì bel ti sveglie e parte,
Misera! e per piantarte
Ove? in gelata riva,
Ove fior maggio a pena o fronde ha viva.
     60Agli esperidi orati alteri frutti
Le foglie d’un Genebro i’ pongo avanti,
E ’l vago stelo a tutti
I più dritti arboscei degli orti santi,
E ’l vivo verde a quanti
65Smeraldi mai diènne il più ricco lido.
Però grido: — Quell’empio che men priva,
M’invidia ben ch’io viva.—
     Ancisa or la mia speme,
Anima illustre, cade a tua partenza,


  1. Vollesi qui sottinteso per; e il Rezzi dicevalo modo notabile, e simile agli usati colle voci colpa, mercé, bontà, vergogna e simili. Forse il poeta, che a noi non sembra dei più valenti nella grammatica, credè che il per anteposto a sempre, potesse anco reggere, come preposizione, i nomi mio orgoglio o fallo.