Pagina:Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu/511

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atto quinto. — sc. iii. 501

E come quelli che alla mora1 giuocano
Muover le dita, e con tai modi fingere
Cose che siano da compor difficili,
Se ben noi siamo d’accordo benissimo.
Ma per che causa vogliamo noi perdere
Più tempo? Veggo il vecchio che consumasi
Dall’aspettar.
Lazzaro.                      (Ben sta; ridendo vengono...
Bonifacio.Ma vi sête sgannato, o messer Claudio,
Assai felicemente: eri a mal termine.
Claudio.Sì ben, felicemente: ho da far ridervi.
Lazzaro.Verso me.)
Bonifacio.                    Messer Lazzaro, toccategli
La man di nuovo e da senno baciatelo:
Quest’è vostro figliuol e vostro genero.
Claudio.Tal esser voglio.
Lazzaro.                           Ed io, ch’altro desidero
Che avervi per figliuolo? E voi, toglietevi
Questo picciol presente, messer Bartolo:
Godetel per amor del vostro Lazzaro.
Di più vi son tenuto, al benefizio
Che voi m’avete fatto.
Bonifacio.                                     Questo è un carico
Che voi mi fate. Oh, non lo voglio, domine!
Val più di trenta scudi! ritoglietelo,
Vi dico, messer Lazzaro.
Claudio.                                          (Pur tienselo
Stretto nel pugno.)
Bonifacio.                              Io non voglio contendere;
Ma certo, avete torto.
Lazzaro.                                 Il vostro merito
È molto più, v’ho detto.
Claudio.                                          Or accettatelo,
Quando vel dona con tanto buon animo.
Bonifacio.Vi ringrazio in eterno, messer Lazzaro.
Quest’è presente d’avervi in memoria
Fin ch’io viva, ed avervene sempre obbligo.2



  1. Alcune e antiche stampe, secondo la pronunzia che pur odesi in più luoghi, pongono: morra.
  2. Qui finisce il manoscritto creduto autografo di Lodovico Ariosto. Nelle scene seguenti riguardar dovremo come tale l’esemplare condotto da Gabriele.