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Tolto in quel tèpo vna gra lancia hauea
E contra Berlingier venne di botto:
Che fopra Largaliſſa combattea
E l’elmo ne la ſronte gli hauea rotto:
(iittollo in terra, e con la ſpada rea
Appreſſo a lui ne ſé cader ſorſè otto:
Per ogni botta almanco che diſſerra
Cader fa ſempre vn caualliero in terra.
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In altra parte vcciſo hauea Rinaldo
Tanti Pagan, ch’io non potrei contarli:
Dinanzi a lui non ſtaua ordine ſaldo
Vedrette piazza in tutto’l campo darli:
Nò me Zerbin no me Lurcanio e caldo:
Per modo fan ch’ognun ſempre ne parli,
Queſto di punta hauea Balaſtrovccifo
E quello a Finadur l’elmo diuiſo.
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L’efercito d’Alzerbe hauea il primiero
Che poco inazi hauer ſolea Tardocco,
L’altro tenea fopra le ſquadre impero
Pi /.amor, e di Saſſi, e di Marocco:
Non e tra gli Africani vn caualliero
Che di lancia ferir ſappia o di ſtocco?
Mi ſi potrebbe dir, ma paſſo paſſo
Neſſun di gloria degno a dietro laſſo.
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Del Re de la Zumara non ſi ſcorda
Il nobil Dardinel figlio d’ Almonte,
Che con la lancia Vberto da Mirforda
Claudio dal boſco, Elio e Dulfin dal mòte
E co la ſpada Anſelmo da Stanforda
E da Londra Raymondo e Pinamonte
Getta per terra, & erano pur ſorti
Dui ſtorditi, vn piagato, e quattro morti.
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Ma con tutto’l valor che di ſé moſtra
Non può tener ſi ferma la ſua gente
Si ferma ch’aſpettar voglia la noſtra
Di numero minor, ma piú valente.
Ha piú ragion di ſpada, e piú di gioſtra
E d’ogni coſa a guerra appertinente.
Fugge la gente Maura, di Zumara
Di Setta di Marocco, e di Canara.
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Ma piú de glialtri ſuggon qi d’Alzerbe
A cui s’ oppoſe il nobil giouinetto,
Et hor co prieghi, hor co parole acerbe
Ripor lor cerca l’animo nel petto,
S’ Almonte merito ch’in voi ſi ſerbe
Di lui memoria, hor ne vedrò l’effetto
Io vedrò (dicea lor) ſé me ſuo figlio
Laſciar vorrete in coli gran periglio.
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State vi priego per mia verde etade
In cui ſolete hauer ſi larga ſpeme,
1 Kb non vogliate andar per ſil di ſpade
Ch’in Africa non torni di noi ſeme,
Per tutto ne faran chiuſe le ſtrade
Se nò andiam raccolti, e ſtretti inſieme.
Troppo alto muro, e troppo larga ſoſſa
E il mote e il mar pria che tornar ſi poſſa
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Molto e meglio morir qui ch’ai ſupplici
Darſi, e alla diſcretion di queſti cani,
State ſaldi per Dio fedeli amici
Che tutti ſon gli altri rimedii vani.
Non han di noi piú vita gli nimici,
Piú d’unalma no ha: piú di due mani,
Coſi dicendo il Giouinetto ſorte
Al conte d’ Otonlei diede la morte.